Tempo Libero

Mamme normali fuori dal coro

22 Dicembre 2020
Calendario dell'avvento MammaPigna
Reading Time: 34 minutes

Quest’anno abbiamo pensato di dare vita ad un calendario dell’avvento “fuori dal coro”, poco natalizio, ma stracolmo di sensazioni, storie, quotidianità.

Dal 1 al 24 dicembre vi proporremo diverse storie di amiche mamme che abbiamo incontrato nel nostro percorso e che in qualche modo ci hanno rese la Marta e la Rossella che siamo.

Chi ha detto che la normalità non merita una particolare attenzione, dopotutto…

“La cosa più difficile non è essere dei fenomeni o degli eroi, la cosa più difficile è essere persone normali.”

Mai come quest’anno abbiamo bisogno di emozioni che rendano speciale questo Natale un po’ sottotono, speriamo che le ventiquattro storie che vi proporremo vi scalderanno il cuore strappandovi un sorriso.

Erica
Osteopata
Mamma di Mattia, Francesco e Simone

Avete letto bene, sono tre. Tre figli. E, quando lo dico, un po’ perché sono minutina e un po’ perché sono giovane rispetto all’età media delle mamme di oggi, la prima cosa che normalmente mi sento dire è “complimenti!”. La seconda è “quanto anni hanno?”.

E lì inizia il divertimento.

Perché Mattia e Francesco sono gemelli, identici nel corpo e opposti nell’animo, e poi è arrivato Simone, il piccolo terremoto di casa. Due gravidanze completamente diverse, a partire appunto dal numero di bambini nella pancia!

Immaginavo la mia maternità in modo completamente diverso da come l’ho vissuta nella realtà. Scopro di essere incinta a fine luglio 2013 e mi sottopongo alla prima ecografia a 6 settimane (il giorno prima di partire per le vacanze), con la consapevolezza che quasi sicuramente non avremmo visto nulla. Invece, ricordo ancora il viso della mia amica ginecologa che guarda il monitor e mi dice “beh, avete fatto anche fin troppo il vostro dovere…guarda…”: sposto lo sguardo e vedo questi due cuoricini meravigliosi, di cui mi innamoro all’istante.

Io rido (in modo istetrico), mio marito piange (dalla gioia, per fortuna).

Usciamo dalla visita e andiamo a fare la spesa: mi fermo nel corridoio dei pannolini, li guardo e dico al futuro papà “ma io dove li metto?”. Intendevo i figli nel mio piccolo corpicino…ma pensavo anche ai pacchi di pannolini in offerta che avremmo dovuto comprare!

Purtroppo avevo ragione perché la gravidanza è stata tutt’altro che semplice: ho dovuto smettere di lavorare subito, stare a riposo assoluto e, nonostante il ricovero finale e tutti i tentativi di prolungare il più possibile la loro permanenza a CASA ERICA, Mattia e Francesco sono nati d’urgenza a 32 settimane.

Litri e litri di latte tirato, porzionato e congelato con pazienza e determinazione nei primi due mesi vissuti in Terapia Intensiva Neonatale. Due mesi sulle montagne russe, che mi hanno permesso di imparare pian piano ad essere la loro mamma. Questi due mesi in particolare, ma in realtà tutto il resto della vita con accanto il papà Beppe e la super nonna Fabia, senza i quali posso dire con certezza che non sarei riuscita a diventare quella che sono oggi.

Mattia e Francesco crescono, ma io no. Io sono ancora ferma al parto. Al cesareo che non avrei voluto, ma che sapevo dal principio che non avrei potuto evitare. Al dolore del non poterli avere con me e alla fatica fisica. Alla sensazione di essere sempre a metà e mai al 100% per nessuno dei due. All’idea di non essere riuscita a tenerli dentro di me il tempo giusto, in un corpo che non accettavo più.

Intraprendo un percorso psicologico e devo sottopormi ad un intervento chirurgico per suturare i muscoli addominali, rimasti completamente aperti a causa del mega pancione gemellare.

Inizio a sentirmi meglio, continuo il lavoro su me stessa per il benessere di tutta la famiglia e riprendo a lavorare con fatica, ma non mollo. Perché oltre ad essere mamma resto sempre donna, moglie e anche osteopata.

Faccio questo lavoro da 10 anni e da 8 ho scelto di dedicarmi esclusivamente al trattamento delle donne, delle future mamme e dei bambini. Una professione in cui credo tantissimo e che amo profondamente.

La fortuna del lavoro come libera professionista mi dà la possibilità di organizzarmi in modo da essere molto presente e seguirli nel loro percorso di crescita.

Mi sembra di vedere “la luce in fondo al tunnel”, è l’estate del 2016. Ho un ritardo (e io normalmente sono un orologio svizzero). Test positivo: PANICO. E se sono altri due? E se mi devono ricoverare ancora? E se sto così tanto male anche stavolta?

Ancora adesso mi chiedo COME sia arrivato Simone, ma il PERCHÈ lo so bene: doveva salvarmi.

A causa di un piccolo attacco ischemico transitorio, ho scoperto di avere la mutazione del Fattore V di Leiden, un’alterazione ereditaria di un fattore della coagulazione, e ho iniziato una terapia; fatte le analisi anche ai miei genitori, abbiamo saputo che anche mio papà ha lo stesso problema e, finalmente, ha smesso di fumare, iniziando ad essere più attento alla sua salute.

La gravidanza arriva a termine e devo sottopormi ad un altro cesareo, ma questa volta ho accanto la mia speciale Amica ostetrica Federica, che non finirò mai di ringraziare. Il recupero dopo la nascita di Simone è stato molto più consapevole e la gestione di un unico neonato, avendone già cresciuti due contemporaneamente, è stata paradossalmente più semplice. I gemelli avevano ancora solo 3 anni e un gran bisogno della loro mamma, ma con la giusta organizzazione insieme al super papà Beppe siamo andati alla grande!

La priorità sono e saranno sempre famiglia e figli, ma la passione per il mio lavoro e la voglia di ritagliarmi spazi e soddisfazioni mi ha spinta a continuare a credere in me stessa e nelle mie capacità.

Così sono riuscita a realizzare i miei sogni: aprire il mio studio collaborando con altre figure professionali (ostetrica, riflessologa, operatrice shiatsu, consulente babywearing e psicoterapeuta dell’età evolutiva), creare un progetto per portare l’osteopatia direttamente a casa dei neonati entro i 3 mesi di vita e coordinare un corso di specializzazione sull’osteopatia in ambito ostetrico-ginecologico.

Alla sera sono stanca, ma felice. Ed è questa la chiave della mia storia. Una storia che, nonostante le tante difficoltà, rivivrei dall’inizio altre 1000 volte.

Mara
Artigiana e conduttrice di laboratori artistico esperienziali
Mamma di Niccolò 7 anni

Mara

“Tic, tac… Tic, tac… sono in ritardo!”

Come il Bianconiglio sono sempre di corsa e, ossimoricamente, “puntualmente in ritardo”!
Alle prese con lo scorrere del tempo in una lotta impari tra routine famigliare, consegne e progettazione. Mamma di Niccolò, 7 anni e mezzo, un marito moolto paziente, Riccardo (la cui domanda retorica è “Cosa ti stai inventando ora?”), 3 gatti e una cagnolina.

Sono artigiana e conduttrice di laboratori artistico esperienziali e la mia quotidianità si svolge tra stoffe e materiali artistici.

A seguito di vicissitudini lavorative ho dato vita ad un atelier casalingo, Atelier Maramao, una fucina creativa tra le pareti domestiche, spazio progetto nato radunando le competenze acquisite nel corso della mia formazione e del mio iter lavorativo (organizzazione eventi e commerciale) ma anche a seguito della maternità.

Sì perché penso che la maternità sia una splendida opportunità per scoprire e mettere in atto le abilità nascoste che abbiamo dentro e dimostrare la grande forza di cui siamo capaci noi donne. Se non fosse nato Niccolò probabilmente non avrei acquistato la mia prima macchina da cucire e quindi non avrei mai scoperto la mia passione per il cucito creativo, non avrei approfondito ulteriormente la mia formazione ampliando la visione della didattica dell’arte, e, ultimo ma non ultimo, trovato il coraggio di dar vita ad un “piano B” tutto mio, che consentisse di gestire in piena autonomia essere mamma e lavoratrice, che valorizzasse le mie risorse, la mia indole creativa e volitiva.

Non è semplice riuscire a conciliare tutto, un grande assist devo riconoscerlo a mio marito Riccardo che con un perfetto equilibrismo mi aiuta a mettere in bolla tutto e le giornate riescono a concludersi con il rito della “storia della buona notte”, una coccola che ci concediamo con mio figlio prima di spegnere la luce e poi ripartire la mattina seguente a ritmo frenetico e sincopato.

Tic, tac… Tic, tac…

Luca
Cantastorie
Papà di Linda, 13 anni.

Luca

Mi chiamo Luca, ho 44 anni, sono papà di Linda – che ne ha 13 – e di mestiere faccio il cantastorie. La mia esperienza con le parole inizia da lontano, quando avevo 17 anni e incontrai la scrittura; poi, poco dopo i 20 anni, ho incontrato il teatro e sono diventato attore. E qualche anno fa ho messo insieme queste competenze e mi sono tuffato per la strada a raccontare le mie storie. A chi mi domanda “come si racconta bene una storia?” rispondo che la differenza sta nella relazione che si instaura tra il narratore e lo spettatore. Nella mia esperienza con Linda, le storie ci hanno dato più volte l’occasione per incontrarci, divertirci, sognare e creare insieme. Negli ultimi anni abbiamo anche scritto insieme! Linda mi ha regalato l’idea per scrivere la storia de “Il povero grigio”, il pennarello che nessuno usa mai; insieme abbiamo creato la tenera favola de “Il drago a pedali” e di recente abbiamo scritto una storia che si chiama “Il profumo delle cose”… la relazione è la chiave, per me. D’altronde, a cosa servono le storie? A tante cose. Tra queste, a dirci verità profonde travestendole da incantesimi.

Thomas
Birraio e copywriter
Papà di Diego e di Serena

Thomas

Sono Thomas e lo sono solo per gli altri papà e mamma che ho conosciuto dopo che sono diventato genitore.
Per gli amici di vecchissima data sono Depo, diminutivo del cognome Deponti, per gli amici dell’adolescenza sono Risma, per altri Gizzi, per mamma bhe…facciamo che questo non ve lo dico, insomma il mio nome di battesimo l’ho sentito mio veramente poco!
Ho sempre apprezzato i soprannomi, custodi di vita sociale.

Oggi sono tornato ad essere Thomas, indicatore di età adulta, rimasto sognatore come lo ero da piccolo, però da papà trasformo i sogni in obiettivi per poi realizzarli.

Quindi mi ritrovo a fare il birraio di mattina presto e al pomeriggio quando torno a casa mi trasformo in copywriter e davanti al pc scrivo.
La passione della birra mi ha portato a creare un corso sul web che è in procinto di partire e quindi per non eclissare anche nel weekend davanti al mio computer, mi alzo alle sei e facendo il più piano possibile, vado in soggiorno e inizio a lavorare.
Verso le otto, puntuale come un orologio svizzero sento i passetti di mia figlia Serena, che viene a cercare colui che è sveglio, mi abbraccia e si mette a disegnare, facendomi compagnia per un’oretta.
Così, arriva il momento di svegliare l’altra parte della famiglia e si prepara la colazione tutti insieme.

Questa mia energia, tra progetti e passioni, sto cercando di trasferirla ai miei bimbi, e in parte ci sto riuscendo.
Fortunatamente hanno preso da mamma, quindi sono due piccoli artisti a tutto tondo, in casa ho più lavoretti io che una classe dell’asilo 🙂
Vederli così creativi e allegri mi rende molto orgoglioso, perché quando si mettono in testa di fare una cosa la portano avanti con determinazione e quando c’è la piccola crisi ci sono gli abbracci di mamma e la carica del papà.

In queste giornate che scorrono veloci, però, le parti più belle sono quando ti metti sul divano e te li coccoli tutti e due intanto che leggi un libro o guardi un film, oppure quando ti inventi la storiella della buona notte.

Marco
Papà di Martina e Leonardo

Marco

Sono Marco un papà di 38 anni. Lavoro da 2 presso una grande azienda. Come spesso accade nelle moderne realtà, anche qui ci viene chiesto di imparare a fare un po’ di tutto e così ogni giorno diventa motivo di apprendimento. Siamo in quattro a gestire una delle tante filiali sparse in tutto il territorio italiano, lavorando in armonia e spensieratezza, dovute al fatto che abbiamo saputo creare uno spirito di squadra importante. Questo aspetto lo ritengo un privilegio, lavoro quotidianamente fianco a fianco ad amici e questo risulta essere decisamente rassicurante.

Lo spirito di squadra è l’elemento che mi caratterizza, coltivato per 25 anni, trascorsi sul campo da calcio a difendere la mia porta di 7,32 metri. Ogni giorno con l’obbiettivo di migliorare, ogni giorno per ripagare la fiducia concessami da allenatori e compagni di squadra. Ma soprattutto ogni giorno ricercando competitività e divertimento.

A 28 anni l’emozione più grande della mia vita però arriva dalla sala parto dell’ospedale, dove mia moglie Monica mi regala Leonardo. Emozione così intensa ed indescrivibile che vien da pensare non si possa mai più provare. Invece si ripete due anni più tardi quando a venire alla luce è Martina.

Tre anni dopo io e Monica andiamo verso l’altare camminando sui petali gettati nel tappeto da Martina che ci precede sorridente. Leonardo invece non si concede così facilmente, il suo è un carattere diverso, non ama apparire e si gode la festa da spettatore.

Così a 35 anni, una sera nello spogliatoio, mi passa davanti l’immagine di mia moglie e dei miei figli, a casa che mi aspettano combattendo per rimanere svegli per potermi salutare, anche solo per un minuto. È la svolta! Decido che non ci sarà mai stimolo calcistico più grande per farmi continuare. Quello che dovevo e volevo raggiungere nel campo da calcio era stato raggiunto!

Per la prima volta mi sono sentito estraneo in uno spogliatoio. Termino la stagione e qualche giorno prima di quella che sarà la mia ultima partita, comunico la mia decisione a mia moglie ed ai bambini. Un sorriso si apre nei loro volti, la decisione è decisamente quella giusta! Sempre sarò grato a mia moglie per non avermi mai chiesto di lasciare ciò che amavo.

Da tre anni mi occupo di settore giovanile, cercando di trasmettere ai miei giovani portieri valori tecnici ma soprattutto umani. Chiedo loro di credere nel lavoro, sul campo ed in futuro nella vita, unico mezzo insieme all’ambizione e all’umiltà, in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi. Chiedo loro ancora una cosa in realtà. La stessa cosa che chiedo ai miei figli. Voglio che non si pongano limiti di nessun tipo, li voglio sognatori perseveranti, perché i sogni non hanno un prezzo ma possono muovere il mondo!

Alessandra
Massaggiatore, osteopata ed esperta master in Ginnastica addominale ipopressiva
Mamma di Matteo

Alessadra

Difficoltà o sfide /opportunità, restare o andare, accontentarsi o rimettersi in gioco?

Queste erano le questioni che mi giravano per la mente quando decisi di seguire il mio sogno, lasciare il lavoro impiegatizio sicuro, ben remunerato e a più di quarant’anni , licenziarmi, cambiare settore e tornare sui banchi di scuola… Chi sono? Mi presento Alessandra Conci classe 1967, per non dire che ho 53 anni, separata e mamma di Matteo 13 anni, sono massaggiatore, osteopata ed esperta master in Ginnastica addominale ipopressiva, una pratica nuova per l’Italia con la quale lavoro da circa 5 anni.

E prima? Lavoravo nella formazione e nell’orientamento per una azienda importante, avevo un ruolo discreto, assunta, part time, bell’ambiente, tempo per me e la mia famiglia, quando si parla di confort zone, ma….

Certamente all’inizio è stata non dura, durissima si trattava di imparare una competenza totalmente nuova, ma a mio avviso con un fil rouge interessante, prima mi occupavo di orientare e formare ora mi occupo della persona in qualche modo è sempre un averne cura, un prendersene carico seppur in maniera diversa.

Così è iniziata la mia avventura, con una vetta da raggiungere senza aver mai scalato, devo dire però che anche il raggiungere le prime basi è stata ed è una grande soddisfazione, così come la mia trasformazione fisica e mentale, da donna professionalmente definita, madre di un bambino che allora aveva 3 anni, leggermente sovrappeso con una vita sedentaria alla scrivania, a imprenditrice di me stessa, ad intraprendere una strada di conoscenza e applicazione del movimento come forma di salute e prevenzione delle malattie. Accidenti se guardo indietro mi sento la donna che visse due volte!

Sono orgogliosa oggi di quello che ho raggiunto, soprattutto, per questa pratica che si chiama ginnastica addominale ipopressiva con la quale aiuto le donne a ritrovare la tonicità della fascia addominale e non solo.

Invertire la rotta si può, non è facile, non è per tutti ma è possibile … avanti tutta!

Rossella
Addetta vendite
Mamma di Edoardo e Bianca

Rossella

Sono una mamma a “tutto tondo”: questo ruolo mi piace tantissimo e me lo sono sentita subito calzare a pennello. Dopo il diploma alla scuola alberghiera, ho fatto la barman per tantissimi anni, un lavoro che adoro e che mi dato la possibilità di viaggiare molto e di conoscere lingue e persone di varie culture… Poi, per motivi personali, sono entrata nel mondo del commercio ed ora faccio l’addetta vendita per un negozio di ottica, attività che all’inizio mi ha dato molto filo da torcere, poi però, con la mia tenacia e tanto, tanto coraggio (ecco questo è il mio motto ci vuole sempre coraggio per affrontare la vita perché se non ti butti non sai mai cosa perdi…)  son riuscita a farcela e ora tra bimbi, casa, scuola e lavoro ho le mie soddisfazioni… anche se ho un sogno nel cassetto che spero prima o poi di realizzare.

Mi sono sposata nel 2012 con il mio grande amico, poi marito con la M maiuscola che mi riempie di attenzioni e mi guarda sempre con un amore incondizionato. Lo reputo la mia essenza perché insieme siamo una cosa sola. Nel 2014 divento mamma di Edoardo un bimbo allegro, vivace e con un cuore buonissimo e nel 2016 di Bianca una bellissima bimba con una marcia in più che sa già cosa vuole dalla vita. Mi sono sentita “una mamma mucca” ho allattato consecutivamente per 5 anni, l’ho fatto con grande piacere, è stato un percorso di immensa gratitudine e anche fatica, ma a me piacciono le sfide!

I miei due angeli mi hanno ridato la voglia di sorridere quando dopo 4 mesi dalla nascita di Bianca ho perso il mio grande papà; grazie a loro ho trovato la forza di affrontare questa dolorosa perdita e di aiutare l’altra mia roccia, la mia mamma.

Amo nuotare, il mare è la mia seconda casa: siamo una “famiglia di pesciolini” come la chiamo io e quando posso si corre tutti in spiaggia a vivere il mare in libertà, perché essere liberi e la più grande e meraviglioso fortuna.

Laura
Responsabile ufficio stampa eventi
Mamma di Pietro (10 anni), Giulio (8 anni), Carlo (5 anni) e Anita (2 anni).

Laura

Lavoro in una casa editrice a Milano e mi occupo di libri da ormai parecchi anni. I libri sono una delle mie più grandi passioni e mi hanno salvato da tante situazioni scomode.

La mia è una vita semplice, senza grandi slanci, fatta di cose molto concrete. Inutile dire che con quattro figli si corre tanto, si corre sempre. Si abbozza un programma che viene regolarmente stravolto, ci si affanna per problemi che alcune volte si risolvono naturalmente e si sottovalutano criticità più pesanti che spesso si nascondono bene e per questo sfuggono. Da quando sono diventata mamma ho una vita in cui il tempo scorre sempre troppo velocemente. E mi trovo a fare i conti con pomeriggi che mi sembrano non finire mai e stagioni intere che sono volate via senza che quasi me ne accorgessi.

È una vita all’insegna dell’imperfezione e della sperimentazione, in cui mi lascio guidare dalla consapevolezza che se oggi qualcosa non dovesse funzionare (e sarà così) domani potrò disfare tutto e tentare un’altra strada, e il giorno dopo un’altra ancora.

Certo è che con quattro figli si ha sempre da imparare, sempre da disfare, sempre da ricominciare.

Trovare poi un sano equilibrio tra lavoro e famiglia (soprattutto se il tuo lavoro ti piace tanto e soprattutto se la tua famiglia ti piace tanto) non credo sia facile per nessuno, nemmeno per me. Ma le volte in cui questo equilibrio sta in piedi, non è davvero niente male. Provare per credere.

Direi che la mia è una vita in salita, felicemente in salita.

Martina
Impiegata
Mamma di Tommaso

Martina

Il nostro nano non è arrivato facilmente nella nostra famiglia, ma quando è arrivato, è stato un vero e proprio uragano, perché puoi immaginare e prepararti quanto vuoi, ma la realtà supera sempre le aspettative…

Durissimi i primi mesi, pianti, urla, pochissima nanna, difficoltà con il latte, spesso in ospedale… tanti momenti di sconforto, mitigati solo dall’appoggio del papà, e ti chiedi se doveva essere davvero così. Ma ricordo bene un giorno in cui una mamma già navigata mi disse: ”Ricordati che tutto passa”. E ne feci tesoro, perché così è davvero, senza accorgersi arrivano i giorni in cui si ride, si gioca, ci si diverte con il cuore e le difficoltà sbiadiscono….

E quando finalmente trovi un ritmo, un equilibrio, si inizia a capirsi e i momenti di gioia superano alla grande quelli di tristezza, ecco che si riprende a lavorare.

Inserimento al nido, sveglie presto, raffreddori, febbri, antibiotici a non finire…e parte quel turbine di emozioni di mamma, con in sottofondo quell’antipatico e costante senso di colpa per non dedicarsi al 100% al tuo piccolino, per non assaporarne tutti i momenti di crescita, per non esserci a ogni caduta, ad ogni pianto, ad ogni sorriso e ad ogni nuova scoperta…

Pensi che lavori a 30 chilometri da casa, che ti attardi in ufficio, da clienti, che ti piace il tuo lavoro e vuoi farlo bene, ma che togli tempo al tuo bimbo, un tempo che non tornerà.

Ma poi arrivi da lui, che ti sorride e ti dice: “Mamma siediti qui che costruiamo con i Lego” e capisci che a lui importa solo che tu sia lì con lui in quel momento, che vuole una mamma serena e felice senza finzioni, che ha bisogno anche di esperienze lontano dalla mamma, all’asilo, con i nonni, che gli servono regole fuori dalla famiglia, che adora avere amichetti nuovi, giocare con loro, confrontarsi e imparare. Ma capisci anche che lui ormai ha imparato che la sua mamma c’è sempre e comunque, e che torna sempre da lui.

E sei felice così, perché quando andate a nanna, dopo il libro della buona notte, ti abbraccia e ti dice: “Ti voglio bene mamma, sono così contento che tu sia qui!”…e con la commozione nel cuore per quelle parole così grandi e così vere di bimbo di 3 anni, tu pensi con grande orgoglio da ex liceale che tuo figlio ha azzeccato anche il congiuntivo!

Federica
Account Manager
Mamma di Rebecca e Ludovico

Federica

Io, di figli, non ne volevo. Anzi: non ne volevo sentire proprio parlare. All’inizio credevo fosse del tutto normale. “Arriverà” pensavo “prima o poi arriverà il desiderio di maternità”. Ma gli anni passavano e io, quel desiderio, proprio non lo sentivo. Intorno ai 30 iniziai a domandarmi: “saró normale?”. Mi chiedevo: “è possibile essere donna e non desiderare dei figli?”. Ne parlai con un’amica e psicologa la quale mi tranquillizzò: ero normale, sì. Forse mi sarei dovuta fare qualche domanda sulle ragioni, certo, ma non c’era nulla di cui preoccuparsi. Eppure, insoddisfatta, feci quello che non bisogna mai fare: cercare risposte in internet.

Questa volta, però, la risposta che trovai mi piacque. Non solo ero normale, ma avevo un nome: childfree. Facevo parte di quell’esercito di donne non-madri che, a famiglia e figli, preferisce di gran lunga un vernissage! Mi sentii libera. Libera di sentirmi infastidita dai bambini. Sì, perché a me i bambini non piacevano. Non mi piacevano al ristorante, non mi piacevano in aereo, non mi piacevano al cinema. E la bella notizia era che non mi dovevano piacere per forza: io, ero una childfree!
Ero talmente childfree che al primo ritardo del ciclo pensai di avere un problema di tiroide; che quando il mio compagno mi lesse al telefono gli esiti degli esami del sangue pensai che “test immunologico di gravidanza: positivo” significasse essere immune alla gravidanza.

Piansi, per tre giorni piansi. E non erano lacrime di gioia. Poi, quando cominciai a familiarizzare con l’idea e ad abbozzare il primo sorriso, mi chiamarono dall’ospedale e mi dissero che le analisi del sangue avevano evidenziato un’infezione da citomegalovirus. I rischi, per un feto infetto, sono enormi: cecità, sordità, problemi psicomotori. Da convinta abortista quale ero, perché oltre a non volere figli pensavo pure che quelli “diversi” non avessero il diritto di nascere, non ebbi il minimo dubbio: avrei portato avanti quella gravidanza. Io, quel giorno, mi sentii madre. Per la prima volta mi sentii madre. E non avrei rinunciato ad esserlo, per nessun motivo al mondo.

Rebecca è nata 6 anni fa, sana come un pesce. Bellissima. Ricordo nitidamente l’istante in cui la vidi per la prima volta: mora, occhietti castani e labbra disegnate; il sopracciglio destro, appena accennato, faceva un leggero spigolo come ad un diavoletto e il viso ci guadagnava in furbizia. È strano come si possa amare follemente qualcuno che non si conosce affatto, così, dopo un solo battito di ciglia.

Io, prima di lei, non la conoscevo la felicità, la felicità piena, quella da far venire le lacrime per l’emozione. Non lo immaginavo l’essere in perfetta armonia con il mondo, nonostante un figlio lo ribalti come un calzino, quel mondo. Non lo sentivo l’essere coerente, costante, forte per il semplice suo esistere. Io, prima di lei, non volevo essere madre. Ora non passa giorno in cui mi chieda: “ma come facevo, prima di lei?”

E quando i figli diventano due, le domande si moltiplicano: “sarò mai capace di amare tanto quanto il primo? Riuscirà il mio cuore a sperimentare ed ospitare altrettanto amore?” La verità è che i figli sono il motivo per cui valga la pena vivere.

Laura
Impiegata in una società di consulenza
Mamma di Vera e Massimo

Laura

“Ogni bambino porta il suo fagottino”: me l’avevano detto tutti, e scema io a prendere sottogamba i proverbi…
Quando è arrivata Vera, quattro anni fa, mi ha regalato la voglia di imparare qualcosa di nuovo: così, ho iniziato un corso in organizzazione di eventi a Venezia. Durante una delle lezioni ho conosciuto una blogger di professione: era il 2017 e per me un blog era un oggetto non identificato che stava tra Chiara Ferragni e Beppe Grillo.
La scrittura è la mia passione da sempre, ma non le ho mai dato troppa corda. Roba per romanzieri, per giornalisti: sì, insomma, per quelli bravi. Un blog mi sembrava più accessibile, così ho iniziato a ragionarci: volevo incontraretitolari di aziende, professionisti, commercianti e artigiani per raccontare la loro storia. Non la storia dei loro prodotti, ma quella delle persone che stanno dietro all’impresa: le loro motivazioni, le loro difficoltà, i loro sogni. Decido di lasciar perdere dopo una rapida analisi dei competitor: con tante local blogger affermate in Veneto, chi se lo sarebbe filato, il mio progetto?
Due anni dopo arriva Massimo, e con lui un pessimo periodo post parto. Il “baby blues” colpisce duro: Laura spenta, off, non pervenuta. Vedendomi così, mio marito mi incoraggia: “Riprendi in mano l’idea del blog: fallo per te. Se non altro, ti aiuterà a non concentrarti solo sui tuoi pensieri”.
Gli do retta: inizio a contattare le imprese proponendo loro un incontro per intervistarle e raccontare la loro storia: il mio blog “Fatti Raccontare” nasce a settembre 2019. Alle prime interviste porto con me anche Massimo, fissando gli appuntamenti all’ora della nanna: risvegli inattesi? Come no! Ma dall’altra parte ho sempre trovato tanti sorrisi e qualcuno pronto a farlo giocare.
Alle aziende il mio modo di scrivere sembra piacere: le persone si riconoscono nelle mie parole e a me… beh, a me sembra di sognare! Incontro dopo incontro, articolo dopo articolo, inizio a crederci e mi dico: “Se tra un anno sono ancora qui, provo ad investire su di me e sul mio progetto”.
Lo sto facendo adesso partecipando aBlog in Rete, un percorso di formazione molto impegnativo che dura dieci mesi. Il blog cresce, la mia famiglia continua a sostenermi e i miei due piccoli adorano la loro mamma, nonostante le domeniche mattina al PC e il take away qualche sera in più al mese. Nota di servizio: Vera adora la cucina cinese, a Massimo piace la pizza. A proposito, volete sapere cosa risponde Vera quando le chiedono che lavoro fa la sua mamma? “La mia mamma fa le interviste!”. Signore e signori, sono una mamma fortunata: questo è amore vero!

Bruno
Impiegato
Papà di Tommaso

Bruno

Io sono tra quelli che non ama parlare di sé. Però sono anche tra quelli che parla di sé dopo aver appena detto che non ama parlare di sé. Difficile non passare per (finto) modesto o al contrario per soggetto in overdose di autostima. Provo allora a parlare di me partendo da dati oggettivi non interpretabili.
All’anagrafe io sono Bruno Trangoni. Sempre al medesimo ufficio risulta che io sia nato il 4 ottobre 1964. Altri uffici, non l’anagrafe, potrebbero dire che allo stato attuale sono un dipendente dell’Associazione Teatro Stabile del Veneto Carlo Goldoni. Sono stato assunto da questa azienda nel 1998, in precedenza risultavo lavoratore dipendente del Teatro Comunale Carlo Goldoni, la cui prima assunzione data novembre 1982.
Con questo credo di aver esaurito gli argomenti oggettivi e non posso più ricorrere ad alcun ufficio per dire altre cose di me. Proviamo a tirar fuori qualche altra oggettività, magari più ricercata. Prima di tutto mi va di dire che mi ritengo fortunato, per essere nato e cresciuto qui e adesso; come qui intendo in un luogo da cui non si è costretti a fuggire per sopravvivere, come adesso intendo nello stesso luogo in cui qualche decennio fa si moriva a causa di una guerra mondiale.
Mi ritengo fortunato perché ho un lavoro, a Venezia, dove è sempre più difficile trovare un impiego che non sia collegato al turismo, risorsa importante ma troppo debole per essere quasi unica. Le questioni legate a problemi socio economici della città in cui ho avuto la fortuna (ancora) di nascere e crescere occuperebbero spazio e tempo non compatibili con i parametri del presente testo, però, si è capito, al contrario di quando si tratta di me, è una cosa di cui amo parlare.
Sono stato ancora una volta fortunato per aver perso i genitori in età in cui potevo essere accompagnato da un po’ di ragione. In parole semplici sono stati molto meno fortunati coloro che li hanno persi quand’erano bambini.
Come ogni umano, io sono figlio dei miei genitori, ma mi piace considerarmi figlio di altre persone che ho avuto, ancora una volta, la fortuna di conoscere. Sono figlio di altri componenti famigliari, di amici, di ex fidanzate, di mia moglie e naturalmente di mio figlio Tommaso. Come essere figlio intendo essere cresciuto e formato grazie a queste persone che ho nominato. Confesso che anch’io sono tra quelli che si sono completamente bevuti il cervello quando sono diventati papà. Tommaso ora ha 17 anni, a me i suoi anni sono volati, a lui spero di no. Ho nostalgia della sua voce da bambino che non sentirò più, nostalgia di tutti quei film d’animazione visti ripetutamente, fino quasi a saperli a memoria. Ho nostalgia di tante altre cose. Adesso cerco di far maturare future nostalgie, per quando Tommaso avrà 30 anni e anche più e io 70 e anche più, confidando di poter riscrivere questo foglio e continuare a dire di aver avuto ancora fortuna.

Elena
Manager
Mamma di Alessandro 2 anni e mezzo

Elena

Ho 46 anni e sono mamma del piccolo Alessandro di 2 anni e mezzo.
Eh sì, sono diventata mamma alla veneranda età di 44 anni, ma me ne sento almeno 15 di meno!
Anche se questa estate un innocente bimbo ha precisato che “non ero la nonna” assieme agli altri compagni di gioco, diventare mamma in questo secondo ciclo della mia vita, dopo aver raggiunto i miei obiettivi universitari, il master ed il lavoro lo sto trovando in verità un grande vantaggio.
Posso permettermi di decidere per noi, per me ed Alessandro, senza bisogno di dover correre a raggiungere qualche altra cosa e a dimostrare qualcos’altro.
Non è facile, sono manager in una grande società di software, in un settore quindi a preponderanza maschile, ho avuto sempre dirigenti maschi, i miei gruppi di lavoro erano principalmente maschili. Non so se sia stato questo a dissuadermi nel diventare mamma subito perché prima volevo “dimostrare” di essere brava, non so se semplicemente sono onestamente una di quelle mamme che la maternità l’hanno sentita tardi. Ora guardo la meraviglia, il dono di questo bimbo che per me è un miracolo, perché l’età un po’ in mezzo ci si è poi messa e i progetti della vita a volte non sono sempre in linea con quelli della propria età biologica. Questo bimbo me lo sono guadagnata, anche con qualche migliaio di iniezioni di Eparina, che rifarei tutte.
Io sono così, anche con Alessandro, penso sempre che tutto si possa fare, basta volerlo, e organizzarsi…e quindi mi cimento in equilibrismi domestici , elettrodomestici programmabili tuttofare, smartworking, ragazze alla pari e ogni possibile magheggio per continuare ad essere una persona con la tripla M maiuscola: Mamma, Moglie, Manager felice… Un augurio a tutte le mamme, possiamo esserlo senza rinunciare… non è semplice, ma è assolutamente meraviglioso!

Maria Enrica
Insegnante
Mamma di Adele Mariasole di 4 anni e mezzo e Mia Mariastella di 9 mesi.

Maria Enrica

Ho studiato lingue per la comunicazione internazionale e dopo un periodo all’estero ho lavorato diversi anni nel settore turistico. Ma è solo dopo la nascita di Adele Mariasole che mi sono dedicata alla mia vera passione: l’insegnamento.
Insegno inglese e francese alla scuola secondaria ed è stata proprio la nascita della mia primogenita a farmi decidere, finalmente, di proseguire su questa strada. Grazie alle esperienze di formazione in aziende in cui ho lavorato, ho maturato la consapevolezza di riuscire a trasmettere alle persone che affiancavo non solo le conoscenze professionali, ma anche la passione con cui le insegnavo.
La nascita di Adele Mariasole è stata una sfida a tutti gli effetti! Ho scoperto di aspettarla venerdì 17 luglio 2015, la data del parto avrebbe dovuto essere il 12 marzo, ma ho sempre saputo che sarebbe nata il 21, giorno del compleanno del mio nonno materno, che portava il mio stesso nome, Enrico e chiaramente il primo giorno di primavera. Credo che queste due combinazioni l’abbiano protetta e le abbiano dato in dono il suo carattere forte e deciso!  Dopo soli 5 mesi dalla sua nascita ho dovuto riprendere il lavoro, ma ben presto mi sono accorta che nel turismo, con una bimba piccola e pochi aiuti attorno,  non avrei resistito per molto! Mi sono licenziata finalmente con la prospettiva reale e concreta di poter insegnare! Ho iniziato a tenere corsi di inglese per adulti, poi ho gestito campi estivi in inglese per bambini e sempre nel 2017 ho iniziato ad insegnare a scuola.
A giugno 2019 abbiamo scoperto di aspettare Mia Mariastella.  Il secondo nome è chiaramente stato scelto da sua sorella che ha concesso a me e al papà di decidere il primo. La nostra stellina è arrivata ad arricchire ancor di più le nostre giornate il 22 febbraio di quest’anno con un parto molto emozionante…
Durante questi anni la spalla su cui mi sono sempre appoggiata è stata quella di mio marito: Stefano. La mia forza nei momenti in cui pensavo di non farcela, un porto sicuro ogni volta che pensavo di essermi persa e la persona che mi ha sempre spronata ed incoraggiata a raggiungere i miei obiettivi!
Come riesco a conciliare famiglia, lavoro e studio?  Onestamente me lo chiedo anch’io, ma ho sempre pensato che volere è potere e sono fermamente convinta che nessuna di queste tre cose ne escluda un’altra. 

Marta
Consulente finanziario
Mamma di Leonardo 11 anni

Marta

“Marta, 40anni, consulente finanziario full time, moglie e mamma di Leonardo, 11 anni di amore puro. La vita mi ha insegnato da subito che non esistono solo momenti belli ed ho imparato a rimboccarmi le maniche: “fa che ogni giorno diventi il tuo sorriso quando lo ricordi e sii il sorriso che le persone avranno quando si ricorderanno di te” è diventato, nel tempo, uno dei miei “must”. Facile? Non sempre. Però mi piacciono le sfide. Mi ritengo una persona solare, indipendente, creativa, dinamica, pignola, sportiva, curiosa e ambiziosa qb, un mix che mia aiuta a bilanciare i “contro” che non vi elenco altrimenti finirei lo spazio a disposizione! Amo il lavoro che faccio: l’ascolto e l’interazione con i miei clienti è la parte più importante, aiutarli e costruire le soluzioni più adatte per il raggiungimento dei loro obiettivi, che sia l’acquisto della prima casa o la pianificazione di un futuro finanziario sereno per loro e per i loro cari, sono motivo di soddisfazione, soprattutto quando la leggo nei loro occhi. La mia benzina? Emozione e Passione sempre. Proprio per questo non mi faccio mancare nulla! Una delle mie grandi passioni è la cucina, in questo mondo non ci sono limiti alla creatività e non si smette mai di imparare e crescere. Quando cucino metto me stessa, voglio emozionarmi ed emozionare.  Poi c’è la moto: indipendenza, libertà, adrenalina e paesaggi mozzafiato. Poi la montagna, stupenda in tutte le stagioni e appena riesco sci e scarpinate non mancano, ma c’è anche il mare, meraviglioso sempre, ed è per questo che l’ho voluto vivere a bordo di una barca a vela…ora mi alleno per le regate! Leggo, ascolto musica e ozio sul divano…se la mia vita non fosse così piena mi mancherebbe il sorriso. Dico “Grazie” a mio marito Alessandro, senza il suo supporto sarebbe tutto giusto un po’ più complicato. Spero che Leonardo impari a godersi la vita nel modo migliore per lui e che metta amore e passione in ogni cosa. Questo è quello che voglio trasmettergli.

10 dicembre

Milena
Mamma di Elena di 12 anni e di Daniele di 15.

Milena

Milena Gagliardi, 46 anni, vivo a Torino, sono mamma di Elena di 12 anni e di Daniele di 15 e mio marito si chiama Giovanni.
Lavoravo, ma il 20 novembre del 2012 la mia vita, e quella di tutta la mia famiglia, si è fermata, dopo una risonanza magnetica al cervello, scoprimmo che Elena era affetta dalla nascita da una malattica genetica rara (pachigiria) che le aveva causato una malformazione cerebrale!! Ricordo quei minuti, quelle ore e quei giorni con lo stesso dolore e disperazione di allora, ma da lì iniziò la mia corsa contro il tempo, perché lei iniziasse le terapie più indicate e necessarie per aiutarla a migliorare. Quanta fatica per riuscire a fare tutto, le ore delle giornate non erano sufficienti!!
Purtroppo pagai a caro prezzo tutte le fatiche fatte e ad aprile 2016 ricevetti la diagnosi di tumore al seno, il mondo mi crollò nuovamente addosso.
Come reagii a questa altra sfida? Piansi tanto e il mio primo pensiero furono i miei figli!! Come avrebbero fatto se io non fossi sopravvissuta, cosa mi aspettava? Cosa implicava questa diagnosi? Aspettavo che i medici si pronunciassero entrando e uscendo da laboratori analisi e ospedali per fare tutti gli esami necessari. Il verdetto quasi immediato fu mastectomia con successiva ricostruzione, ma non mi spaventò così tanto perché infondo significava che il tumore sarebbe stato estirpato completamente e il 27 giugno del 2016 feci l’intervento, e l’istologico non fu clemente, il tumore aveva già intaccato i linfonodi, avrei iniziato la chemioterapia, poi la radioterapia e successivamente la terapia ormonale per 10 lunghi anni. E anche lì in quella stanza quante lacrime versai!! Quanta paura provai!!
Mi misero in menopausa farmacologico e il 5 agosto 2016 feci la prima di 6 cicli di chemioterapia…da lì tutto cambiò, il mio corpo prima mutilato e dopo imbottito di farmaci non tornò più quello che era, persi tutti i capelli, arrivarono i dolori, il gonfiore, la nausea, la bocca metallica, le caldane e il pessimismo cosmico…insomma un cocktail micidiale.
Ricordo le promesse che mi facevo fare da mio marito, dai parenti e dagli amici. Primo obiettivo e che tutti sapessero cosa fare con i bambini, tanta era la disperazione di lasciare solo Daniele quanto mille volte di più lo era di immaginare Elena senza la mia giuda. Io ero la sua mamma, ma anche la sua testa, il suo cervello, la sua rete con le terapie e la scuola!!
Ormai sono 4 anni che questo cammino ha avuto inizio, posso dire che ho imparato a vivere a pieni polmoni!! Ho sempre paura, quella non mi abbandona mai, ma faccio in modo che mi sproni a dare il meglio di me e dal 2017 in qualità di presidente di Sorridiamo Onlus insieme a una mia cara amica Mariagrazia, portiamo sostegno a tante famiglie con figli disabili perché nessuno debba sentirsi più solo, perché tanti genitori in difficoltà possano avere quel supporto economico e psicologico che a me è mancato quando ricevetti la diagnosi di mia figlia.

9 dicembre

Valentina
Pittrice ritrattista
Mamma di Tommaso, 3 anni

Valentina

“Da quando c’è Tommy a me sembra sempre Natale; anche quando ne esco pazza, dopo una giornata difficile, anche quando ci sono le giornate no. Occhi che ti caricano di un’energia che non pensavo che potessi avere. Spesso mi dico “se in passato avessi saputo gestire il tempo e le faccende di casa come da quando c’è Tommy, avrei avuto un sacco di tempo libero”, ma le cose si imparano facendo…di necessità virtù dicono.
Per il primo anno tra poppate, notti insonni e ricerca di uno pseudo equilibrio, mi è stato difficile portare avanti i miei lavori. Alternavo momenti di speranza ad altri in cui mi chiedevo “se ne avrei mai avuto il tempo di nuovo “. Poi i ritmi arrivano, con molta fatica, soprattutto se si ha la fortuna di essere supportate dal proprio marito o compagno.
Ma la passione è come l’aria, disegnare per me è come respirare. Oltre ad essere mamme si è anche esseri “singoli” e bisogna tenere a mente di “ritrovarsi” come persone uniche, anche se tutto il resto è bellissimo, in un modo o nell’altro… ci siamo anche “noi”.
Tommy ha tre anni e sono sempre alla ricerca di momenti creativi da condividere, dal dipingere al ritagliare a cucinare, così tutto diventa un gioco e un’occasione di crescita per entrambi.  Poi la notte, se ho ancora un briciolo di energia vado in studio e disegno, disegno, disegno o cucino dolci torte e biscotti creativi e dipingo, dipingo e leggo …e penso e cerco di tenere sempre viva quella parte che per un po’ di tempo, per necessità, è stata silente.
Nel 2012 però ho subito un gravissimo incidente, mi dissero all’età di 29 anni che non avrei più camminato. A dire la verità non c’è stato un solo giorno in cui ho perso la speranza, ho sempre sentito che tutto si sarebbe in qualche modo aggiustato. E dopo una lunga battaglia e 10 interventi… ho vinto e Tommaso, il mio bellissimo bambino, è stato un doppio miracolo.
Il miracolo della vita che una madre ancestralmente possiede e poi il mio secondo miracolo, la mia rinascita: ho camminato dopo anni di riabilitazione e ho avuto la gioia di poterlo fare con mio figlio. “Farsi il culo” è la legge della mia vita, l’unico mantra che mi ha riportato fuori da un incubo. Quindi non mollate MAI. Nemmeno se vi capita di galleggiare in un limbo perché avete una forza che davvero non sapete di avere”

8 dicembre

Marta
Mamma di Elia, 3 anni, e Nicolò, 9 mesi.

Marta

“Da poco insegno arte e immagine alle scuole medie (per dirla meglio, alla scuola secondaria di primo grado). Da molto lavoro nell’ambito della didattica museale: con Chiara nel 2012 abbiamo creato l’associazione didattico culturale Didatticando e nel tempo abbiamo dato vita ad importanti progetti legati alla didattica museale a Venezia, percorsi, giornate di formazione con lo scopo di portare l’arte – e tutte le sue sfaccettature – a bambini, famiglie e pubblico.
Da poco (che, però sembra molto!) son mamma di Elia e, da nove mesi, anche di Nicolò.
Come si riesca a conciliare la vita professionale con quella personale sinceramente… non lo so.
Programmando tutto? No. Ci ho provato ma niente. Delegando? A volte. Sbagliando? Sì.
Che poi, alla fine…penso sia tutta vita. Senza distinzioni. Quel che sono come madre lo devo anche al mio lavoro ed alla mia formazione. Quel che sono come docente e come operatrice culturale lo devo anche al mio essere madre.
Voglio molto bene al mio lavoro.  All’ambito della creatività che, per me, è stata un po’ un salvagente. Lo cullo, lo curo, lo difendo. Mi aiuta a stare bene anche quando le ore di sonno si riducono a pochi minuti, quando dalla stanchezza alle 16 vorresti già fossero le 21. Quando diventa tutto troppo. Un lavoro, che è anche una passione, ti concilia. E così facendo…si concilia con tutto il resto.
Ed in qualche modo, creativamente, alla fine della giornata i bambini sono sani, nutriti, vestiti.

7 dicembre

Elena
Fisioterapista
Mamma di Samuele e Simone

Elena

“La mia storia di donna e successivamente di mamma inizia con l’incontro di un amore speciale, il mio compagno Walter, un uragano al quale è stato difficile sottrarsi.
Da sempre sognatrice, ambiziosa e un po’ testarda, a 25 anni ho lasciato la mia terra, il Salento, per raggiungere Milano.
Qui ogni giorno ho imparato qualcosa, riguardo il lavoro e i rapporti interpersonali.
Qui è venuto fuori il mio estro creativo a quanto pare ereditato da una donna a dir poco speciale, la mia MAMMA!
Dapprima il cake design e in generale la pasticceria mi hanno fatto capire, che per stare bene ho bisogno di creare, di stupire, ho bisogno di colori e di profumi.
A 31 anni SAMUELE mi ha fatto diventare mamma, sono iniziate le notti in bianco e quando stavano per finire é arrivato anche SIMONE.
È tutto ciò che desideravo, una vita piena, in cui non c’è il rischio di annoiarsi.
Poi un giorno la parola COCÓ, per Simone nome proprio di gallina, mi ha catapultato nel mondo fantastico del CUCITO CREATIVO, ormai da mesi divenuta la mia oasi notturna!
Oggi sono mamma di due splendidi bambini, compagna inseparabile di Walter, fisioterapista per lavoro e creativa per passione.
Alla domanda “ma come fai?”, Io sorrido e penso solo alla mia grande fortuna!”

Valeria
Impiegata
Mamma di Gabriele e Gaia

Valeria

“Mi chiamo Valeria, lavoro come impiegata e sono mamma di due bambini, Gabriele e Gaia.
Ma non finisce qui: oltre a coordinare famiglia e lavoro, io disegno, dipingo, faccio yoga e gestisco anche un blog personale sulla mia circense vita materna. Sono in costante equilibrio precario, funambola della vita.
Ho sempre avuto la tendenza al multitasking e ad inseguire i miei sogni e interessi con caparbietà, anche se questo a volte mi ha portata sulla strada sbagliata.
Dopo una lunga parabola di tempo speso a cercare di fare del mio meglio per soddisfare parametri generici e convenzionali di indipendenza e famiglia, mi sono ripescata dall’abisso e messa allo specchio. Davanti a me stessa ho avuto modo di notare che la mia principale caratteristica, l’arte, era stata soffocata nel corso della mia spasmodica ricerca di equilibrio e indipendenza personale.
Così ho recuperato ogni singolo globulo d’arte rimasto nel mio sangue e li ho rimessi in pista mescolando speranza e voglia di cambiare, spalmandoli su tutto, famiglia, lavoro e tempo libero, condendo il tutto con ostinata passione. Oggi la mia caparbietà mi sta aiutando a trovare un vero equilibrio e non ho alcuna intenzione di desistere!”

5 dicembre

Alessandra
Mamma di Greta, quasi 4 anni.

Alessandra

“Mi chiamo Alessandra, mi occupo di Comunicazione per un gruppo assicurativo multinazionale, e sono la mamma di Greta, una bimba di quasi 4 anni.
Sono un incrocio di mondi. I rami della mia famiglia intrecciano cammei femminili quasi opposti: figure altere e agiate, altre leonesse in lotta.
Io ho la mia storia, come tutte voi. Io ho deciso di fondermi in quelle donne così diverse, generando un nuovo modo di essere: il mio.
Credo che il punto sia proprio scegliere. Non rispondersi talvolta è comodo, ma porta all’insoddisfazione.
Così un giorno anch’io ho deciso. Dopo essermi fatta un master studiando di notte e lavorando di giorno, ho preso le mie cose e ho accettato una proposta di trasferimento, quattrocento chilometri più in là. Quando ho firmato, avevo appena saputo di essere, finalmente, in dolce attesa. Ho fatto tre traslochi. Pendolare, tre giorni qui, quattro lì. Sono uscita dalla mia zona di comfort, uno schiaffo potente, per imparare.
Oggi sono fiera di dire che l’ho fatto per me, perché voglio essere una professionista al top. Ma lo faccio perché è anche così che mi prendo cura di chi amo. Senza contraddizioni.”

Chiara
Traduttrice freelance
Mamma di Tommaso, 1 anno.

“Ho sempre avuto difficoltà a descrivermi, forse perché fatico ad incasellarmi e i riassunti, fin dai tempi delle elementari, non sono mai stati il mio forte. Una volta ci sono riuscita e ne è uscita la bio di instagram: “un bambino, tre gatti, una tazza di tè, una ciotola di porridge, un luogo da chiamare casa”. Traduttrice, innamorata dell’alimentazione vegetale, grata da sempre e per sempre allo yoga, diventando mamma ho realizzato in quanti modi si possa declinare l’amore e quanto riesca a muovere qualsiasi cosa. L’ho fatto (ri)cambiando vita, stravolgendo i miei programmi, imparando che non c’è nulla di male a chiedere aiuto, lasciando Milano e tornando in provincia di Vicenza accanto alla mia famiglia con uno scricciolo di pochi mesi; lo faccio ogni giorno lavorando fino a tarda notte anche quando il piumone sarebbe decisamente più allettante e una ricompensa sacrosanta, per poter conciliare l’essere mamma e l’essere una libera professionista; ma soprattutto l’ho fatto e lo farò sempre ritagliandomi del tempo anche nelle giornate più impossibili per proporre a Tommaso piatti semplici e sani, che gli regalino un sorriso e lo rendano felice, dove i sapori siano autentici e con cui non ci si annoi mai. Mi appunto ricette, a volte le condivido, ma soprattutto immortalo le espressioni di Tommy nel momento in cui assaggia, perché se c’è una cosa che non smetterà mai di emozionarmi e per cui non smetterò mai di fare tutto ciò che faccio è proprio quel sorriso.

Daniela
Insegnante di mindfulness
Mamma di Nina, 7 anni.

Daniela

“Mi chiamo Daniela e insegno mindfulness ai bambini ed adulti da oltre 15 anni. Credo che la mindfulness sia un ottimo supporto per imparare a conoscersi meglio e per imparare a gestire le emozioni in maniera efficace, non-giudicante e gentile. Ho un’esperienze decennale, insegnando mindfulness a New York nelle scuole pubbliche, nei centri accoglienza per famiglie e nelle carceri minorili. Lavoro come consulente nelle scuole e in altre strutture socio-educative sia con gli studenti che con il personale creando percorsi anti bullismo, per la crescita di autostima personale e per l’aumento della capacita di concentrazione e rilassamento. Organizzo anche corsi di aggiornamento sulla gestione dello stress, della rabbia e dell’ansia. In questo periodo storico mi sto occupando molto di supportare i bambini e le loro famiglie nella delicata e spesso complessa gestione emotiva del covid. Al momento svolgo le mie lezioni e consulenze per lo più online e nonostante le difficoltà iniziali, devo dire che lavorare in remoto con i miei clienti è sempre una grande gioia—vedere che tramite la Mindfulness le famiglie possano ritrovare serenità e stabilità emotiva e mentale è molto gratificante.” 

Giulia
Ostetrica
Mamma di Leonardo, 5 anni.

Giulia

“Sono una Mamma qualunque, ma sempre e comunque una Mamma con la M maiuscola!! E sono la Mamma di Leonardo, da quando? Da ora, da sempre, da 5 anni, lo devo ancora diventare, non lo so.
Lavoro come Infermiera in una scuola superiore in una graziosa cittadina dell’entroterra Marchigiano, e questo mi permette di essere in contatto e a volte anche punto di riferimento di molti ragazzi in un’età assai delicata. 
Ma la mia vera passione, quella del cuore, petto e pancia, è l’Ostetricia. Il poter affiancare le Donne, da sempre Mamme, nella loro evoluzione più profonda e istintiva, e vedere come la consapevolezza della loro generosità, quella del donare la vita, brilla in ogni respiro nel momento del parto, mi rendono davvero onorata di appartenere a questo mondo. Ogni volta, assieme a loro, trattengo il respiro e, anche se solo nella mia testa, ridivento Mamma.
Ricordo che rientrata a casa dopo aver partorito, nonostante grazie alla mia professione respirassi odore di pannolini e creme per il culetto da anni, un’invadente malinconia già si era insinuata nella mia mente. Mi rifugiai in un libro che trattava delle parodie di una mamma alle prese con le migliori avventure con il suo neonato. Furono risate. Quelle con le lacrime, quelle che ti trattieni dal non far rumore per non svegliare il tuo di pupo e dare inizio a una tua avventura tragicomica.
Quando si diventa Mamma? Non lo so. Quando cambi la suoneria del cellulare e passi dal progressive metal a Einaudi perché hai il terrore che ogni telefonata possa fungere da sveglia all’infante faticosamente addormentato? O quando metti le coperture per le prese elettriche, angoli e chiudiporta anche a casa della pro pro pro zia (tanto per essere sicuri è!!!)? O quando ti guardi allo specchio e non ti riconosci per i peli, capelli arruffati e occhiaie, ma ti chiedi ugualmente come vorresti essere e che madre merita tuo figlio? Magari si, magari già da li, perché tutte ci siamo passate.
Ho sempre invidiato chi sin da subito ha indossato il vestito della Maternità con estrema naturalezza e comodità. Io ero legata alla mia autonomia e indipendenza. Il donarsi senza se e senza ma non è sempre così scontato. Soprattutto non in mezzo a una tempesta ormonale. Ora posso dire che la mia forza sono io, che porto avanti tutto da sola, come tutte le altre mamme normali fuori dal coro fanno. 
Ma la mia benzina è Leonardo. Un bimbo di 5 anni che molto mi ha insegnato di questa vita e molto ha da raccontarmi, nei suoi millenni di ingenua sincerità. 
E io zitta, piccina piccina, posso solo mettermi in un angolo ad ascoltare, pronta a bermi un’altra delle sue dimostrazioni sul come si sta VERAMENTE al mondo.”

Francesca
Insegnante di yoga
Mamma di Maya, 8 anni, Maddalena, 5 anni, e di Leonardo, 3 mesi.

Francesca

“Sono laureata in pedagogia e dopo aver fatto l’educatrice per diversi anni, lavorando anche mentre ero universitaria, la vita e le mie passioni mi hanno portato a diventare insegnante di yoga, per bambini e per adulti, e operatrice ayurvedica.
I corsi che mi hanno spinta a specializzarmi in questa direzione sono iniziati dopo aver avuto la mia prima bimba: lei aveva 4 mesi e io mi sono assentata da casa due giorni al mese per 5 anni. E’ stato fondamentale il supporto del mio compagno, che oltre a incoraggiarmi, ha sempre tenuto le bambine, destreggiandosi fra pannoloni e biberon con il mio latte. Ricordo col sorriso e un certo divertimento, nonostante le difficoltà del momento, che andavo ai corsi con il tiralatte e scappavo per appartarmi quando capivo che era il momento.
Un sacrificio che è valso la pena fare, perché è stato bellissimo allattare entrambe per due anni.
Cerco di conciliare il mio essere mamma full-time con la mia professione e non sempre è facile, anzi i momenti per me sono sempre risicati, ma penso sia giusto così in questo momento.
Le mie giornate tipo scorrono fra il portare le bambine a scuola, occuparmi del più piccolino, le lezioni di yoga (on line visto il periodo, che mi ha reso una lavoratrice smart-working nonostante la mia avversione per la tecnologia) i compiti e i pomeriggi a cucinare con le bimbe: questa è un’attività divertente che ci unisce e ci appassiona molto.
Con l’amore per quello che si fa, ogni sacrificio diventa più leggero!”

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